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Educare “alla” e “nella” filialitàtorna su

Al Seminario di studio, in corso al Salesianum di Roma, oggi si è approfondita la tematica a partire dalle prospettive della filosofia e della teologia dell’educazione e pedagogico-carismatica dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

L’intento della sessione odierna, Educarci ed educare alla filialità,che prevede gli interventi di alcune docenti della Facoltà «Auxilium», è quello di cercaredi ricomprendere come la lettura antropologica, psicologica e biblico teologica realizzata nei giorni precedenti può tradursi a livello formativo ed educativo ed essere offerta quali risorsa per un’umanizzazione della persona. Le prospettive evidenziate stimolano a pensare oggi in particolare alla famiglia, ai figli ai quali lasciare il mondo, alla relazione tra generi diversi e tra diverse generazioni.

Educare alla filialità è un processo. Lo sostiene la Prof. Maria Spólnik, docente di Filosofia dell’educazione e di Antropologia filosofica alla Facoltà «Auxilium»: «in quanto figli e figlie si nasce, ma soprattutto si diventa. Prima di pensare a come educare è importante sapere chi è colei/colui che vogliamo educare e perché, a quale fine educare. In secondo luogo è opportuno premettere che l’educazione, nella sua essenza è, fondamentalmente un’esperienza, un evento che accade nell’interiorità della persona, un passare effettivo e graduale da essere persona in potenza alla sua attuazione compiuta come persona completa».

L’individuazione di alcune piste concrete, a partire dall’antropologia stessa, porta la Prof. Spólnik ad affermare la necessità di potenziare l’unicità della persona umana nella relazione; riscoprire e riappropriarsi della propria condizione creaturale imparando a esistere con responsabilità; promuovere lo sviluppo dell’integrità personale nella buona reciprocità e, infine, apprendere un amore creativo. Nell’orizzonte della libertà, ribadisce, «ogni persona, certamente, deve decidere in proprio la sua educazione, tuttavia l’atto educativo richiede la presenza di educatori interiormente maturi, visibilmente lieti, consapevoli, responsabili, presenti, relazionali, dialogici».

Per una rigenerazione filiale. La via dell’educazioneè il tema dell’intervento della Prof. Martha Séïde, docente di Teologia dell’Educazione e di Antropologia teologica alla Facoltà. Introducendo la sua relazione, precisa che per “rigenerazione filiale” si intende la necessità di riscoprire il senso della filialità per realizzare compiutamente la propria vocazione in quanto figli di Dio nel Figlio: «Germinazione, crescita, maturità - afferma - sono tutti termini che rimandano esplicitamente al processo educativo. Pertanto nella “via mariana dell’educazione” vorremo contemplare Maria come specchio dell’identità filiale per imparare da lei, da una parte, a vivere da figli e figlie autentici e, dall’altra, ad essere collaboratori di Dio nel ri-generare figli e figlie secondo il suo progetto originario».

La relazione della Prof. Séïde si conclude con una provocazione rivolta agli educatori e alle educatrici: «lasciarsi sorprendere dallo stupore di essere figli nel Figlio e a coniugare la mistica dello stupore e l’etica dell’impegno, restituendo così alle nuove generazioni il diritto di accedere all’identità filiale percorrendo la via mariana dell’educazione. Questa potrebbe essere una via feconda per un rinnovamento carismatico a favore della nuova evangelizzazione. Non stanchiamoci di percorrerla».

Gli interventi del pomeriggio, hanno l’intento di esplicitare le prospettive presentate nel mattino.

La Prof. Piera Ruffinatto, docente di Metodologia dell’Educazione, presenta il tema: L’esperienza della filialità e i risvolti pedagogici nel sistema preventivo di San Giovanni Bosco.

“Di tutto siamo debitori a Maria”. È questa per la Prof. Ruffinatto la chiave per comprendere Don Bosco e la sua opera. Per cogliere il modo caratteristico con cui don Bosco visse il suo essere figlio di Dio e figlio di Maria si deve prima sondare la sua esperienza, collocandola nel contesto della sue relazioni familiari e della sua cultura. Solo così è possibile considerare se e in che senso la filialità mariana è via privilegiata di educazione preventiva. Questo porterà a vedere come la filialità mariana vissuta dall’adulto educatore è sorgente di paternità e maternità educativa e diviene esperienza decisiva per l’acquisizione della propria identità di educatore/trice salesiano/a.

Per esplicitare questo, secondo la Prof. Ruffinatto è possibile partire dalle Vite di Michele Magone, Domenico Savio e Francesco Besucco, discepoli docili e ardenti di educatori delicati e affettuosi, testimonianza di spiritualità e di pedagogia narrativa, perché sono tra i documenti più importanti per cogliere il sistema preventivo in atto cioè l’efficacia trasformatrice della filialità mariana.

L’ultimo intervento della giornata, è di sr. Piera Cavaglià, già docente alla Facoltà «Auxilium», ed ha per tema: L’esperienza di filialità e i risvolti pedagogici in S. Maria Domenica Mazzarello e nell’Istituto delle FMA. «Ogni Fondatore - dice la Prof. Cavaglià - condensa nel nome che attribuisce alla Congregazione da lui iniziata la sintesi della sua visione carismatica: Figlie di Maria Ausiliatrice è il nome dato da don Bosco al suo Istituto fin dalla prima bozza delle Costituzioni, ufficialmente ribadito nel giorno della fondazione, il 5 agosto 1872. In questo nome, «sono contenuti due aspetti particolari: la relazione filiale dei membri con Maria e la loro missione nella società e nella Chiesa. Il rapporto filiale che ogni FMA ha con Maria diventa un vero e proprio cammino “performativo”: attraverso la relazione con Maria, la FMA diviene come Maria: “ausiliatrice” con l’Ausiliatrice tra i giovani più poveri».

Nella giornata di domani, la sezione laboratoriale approfondirà il legame esistente tra Maria, la Madre di Gesù, e l’educazione. A partire dalla loro provenienza interculturale, le 200 partecipanti al Seminario di studio cercheranno di individuare, nel contesto della nuova evangelizzazione, l’apporto della filialità mariana della Figlia di Maria Ausiliatrice in particolari linee operative per la formazione, l’educazione delle e dei giovani, l’animazione di gruppi mariani, la promozione della donna. I laboratori vogliono essere il luogo concreto di una ricomprensione critica e prospettica del vissuto carismatico.

 

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