Scienze dell'Educazione, Scienze Pedagogiche, Educatore Professionale socio-pedagogico, Laurea Magistrale, Psicologia dello Sviluppo, Pastorale Giovanile, Scienze Religiose ISSR, Insegnare Religione,
Non è un gioco. È un azzardotorna su
Non è un gioco. È un azzardo. L’espressione è il filo rosso che attraversa con sfumature diverse gli interventi che si sono susseguiti sabato 30 marzo al Convegno “Con l’azzardo non si gioca. Informare prevenire educare”.
Le voci dei relatori, dalle diverse angolature e approcci, hanno analizzato le cause socio-culturali e psicologiche, gli intrecci tra economia e politica del “sistema azzardo”, un fenomeno che mina il bene comune e infonde l’idea che la ricchezza sia un regalo capriccioso della dea fortuna.
Il “sistema azzardo: un fenomeno in crescita”
107.000.000.000 di euro. È la cifra che in Italia, nel 2018, è stata spesa nel gioco. È un sistema sballato, sbagliato quello presentato da don Benoni Ambarus, Direttore della Caritas di Roma, tra i promotori del Convegno, insieme alla Facoltà «Auxilium» e all’«Associazione Casa Famiglia Rosetta» di Caltanissetta.
I contorni del fenomeno posizionano Roma come capitale europea del gioco d’azzardo non solo per gli adulti. L’azzardo, vietato per legge ai minori, è invece parte integrante della vita degli adolescenti. Secondo la ricerca Caritas di Roma “Adolescenti e Azzardo” del 2018, nella Capitale, due ragazzi su tre (66,3%) tra i 13 e i 17 anni gioca d’azzardo almeno una volta all’anno; il 36,3% dichiara di essere giocatore abituale, almeno una volta al mese, attraverso scommesse sportive, gratta e vinci, slot machine, concorsi a premio. Il 62,8% conosce da vicino coetanei che giocano.
L’analisi di don Ambarus denuncia l’azzardo come «supermercato invasivo delle offerte» che parte dalle macchinette per bambini mettendo in palio palline e pupazzi e arriva al gioco, ma bisognerebbe piuttosto parlare di casualità, impiego di molto denaro e impossibilità di controllare il risultato.
Nel 2003, il Monopolio di Stato si trasforma nell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, il cui fine è produrre profitti. Oggi, lo Stato preferisce alimentare il sistema azzardo, piuttosto che curare chi ne è dipendente o promuovere una corretta informazione sul sistema. È urgente non sottovalutare il fenomeno, a monitorare soprattutto la qualità di vita e di relazione degli anziani che, per don Benoni, sono «il nuovo e in un non prossimo futuro soggetto a rischio», a esigere un’azione congiunta tra la politica e il cittadino. Infatti, a fronte di una società civile che inizia a sensibilizzarsi e a prendere consapevolezza del problema, la politica è invece in forte ritardo, se non addirittura assente su un impegno che, a partire dalle statistiche allarmanti, prende coscienza che dietro i numeri ci sono persone.
Gioco ed emozioni: la prevenzione
«Non si può vivere senza azzardare ma non bisogna giocare denaro per farlo». È il parere di Umberto Nizzoli, psicologo clinico e psicoterapeuta, tra i più profondi conoscitori delle dipendenze in generale. Nel suo intervento, mette in rapporto il gioco con le emozioni, per precisare come «le attività legate al gioco d’azzardo si articolano lungo un continuum che parte dagli aspetti ludico-ricreativi, sociali e istituzionali della pratica che possono essere altamente piacevoli e addirittura consigliabili». È ovvio che chi è più vulnerabile, cioè con minori strumenti cognitivi, emotivi, sociali, economici, è maggiormente esposto a sviluppare condotte impulsive o essere coinvolto in forti emozioni o ad attuare comportamenti rischiosi. Di conseguenza, la «prevenzione può svilupparsi a tanti livelli, da quello macro-politico a quello personale», non dimenticando nel percorso di cura e di prossimità le famiglie di chi è coinvolto nel gioco.
Dipendenze: cura e prossimità
Angela Sardo è la Direttrice della Comunità “Terra Promessa” dell’«Associazione Casa Famiglia Rosetta»di Caltanissetta. Dal 1989, anno in cui è approdata all’Associazione, è a contatto con giovani e giovani adulti con problemi di dipendenza patologica e disturbi del comportamento, che hanno deciso di intraprendere percorsi di recupero e di reinserimento sociale.
Il programma tiene particolarmente in conto le famiglie dei giovani, progettando anche per loro percorsi personalizzati «perché - sostiene - non si può mai affrontare il problema da un unico punto di vista».
«Le famiglie dei giocatori di azzardo - spiega - hanno storie di disperazione alle spalle: la relazione e gli affetti sono stati sconvolti dallo tsunami che si è abbattuto sulla propria casacreando danno, vuoto, solitudine, paura e bugie. È importante allora coinvolgere e ripartire dalla famiglia per ricostruire la persona, accompagnandola a mettere ordine nella propria vita».
Il percorso terapeutico è un accompagnamento al plurale, che fa appello a molti alleati per sostenere le possibili ricadute nella dipendenza. È anche un percorso di protezione che prevede l’aiuto di consulenti finanziari per riprogettare la propria esistenza e lo stile di vita, la riconquista del benessere personale, il reinserimento nella società.
Anche Antonio Urriani, educatore nella stessa comunità, ribadisce l’importanza della famiglia nel percorso riabilitativo. Egli è parte dell’équipe che cura l’ultima fase, quella che precede il reinserimento sociale e nella famiglia dei giovani ospiti. Il giocatore è un «bugiardo patologico e giocatore a perdere sempre alla ricerca del rischio». Il programma di “Terra Promessa” precisa «è un approccio di gruppo, basato sull’incontro tra persone che tendenzialmente non riconoscono il proprio problema. Un ruolo particolare è svolto dal ‘tutor’, di solito un familiare: Il suo è un compito difficile, ma si basa sul perdono, obiettivo legato al recupero del ‘noi’ a livello familiare e alla riscoperta della persona».
Infine, Gabriele Mandolesi del Movimento SlotMob, sostiene che c’è «urgente bisogno di invertire la rotta, rimettendo al centro la tutela delle persone rispetto agli interessi economici». Infatti, lo Stato e le aziende private del settore, in un regime di concessione, gestiscono il mercato dell’azzardo con fatturati e utili che altri settori di produzione possono solo sognarsi di guadagnare. «Tutto questo - precisa ancora Mandolesi - genera una serie di problemi che hanno a che fare con la giustizia sociale».
L’appuntamento è ora per sabato 6 aprile 2019 con gli altri due eventi in programma:
15.30-17.45: Il percorso tematico
Nell’Aula Magna «Giovanni Paolo II» della Facoltà «Auxilium» (Via Cremolino 141) si terrà un percorso tematico sull’azzardo con i giovani studenti ed exallievi ed exallieve della Facoltà del gruppo teatrale «Enthous» e degli studenti della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI). Gli artisti faranno dialogare le musiche e la trama de “Le altre storie del Don Giovanni” di W.A. Mozart con le storie di chi ha incontrato, ha vissuto ed è uscito dalla dipendenza.
18.00.20.00: Lo SlotMob
Con l’animazione del Movimento SlotMob: un flashmob presso il Bar «Black’n White» (via Selva Candida 114): festa e musica, ascolto di testimonianze e premiazione dei giovani gestori che hanno deciso di non mettere nel loro locale slot machine, ma di fare spazio alle persone.
“Con l’azzardo non si gioca. Informare prevenire educare” è organizzato dalla Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” in collaborazione con «Associazione Casa Famiglia Rosetta onlus» di Caltanissetta, Caritas di Roma e Caritas Porto-Santa Rufina, con la Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI) e il Conservatorio della Svizzera Italiana, con il Movimento SlotMob e il Bar «Black’n White». Gli eventi sono patrocinati dall’Ambasciata italiana presso la Santa Sede e hanno trovato il sostegno di NexumStp.
Galleria di foto
Introduzione ai lavori di Pina Del Core
Intervento di don Benoni Ambarus
Intervento di Umberto Nizzoli
Intervento di Angela Sardo
Intervento di Antonio Urriani
Intervento di Gabriele Mandolesi
Programma degli eventi
Poster