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Il continente nascostotorna su

L’Aula Magna «Giovanni Paolo II» della Facoltà è ben presto gremita, come pure la tribuna e gli spazi attigui. Sabato 21 ottobre 2017 si apre il Corso Interdisciplinare 2017-2018, dal titolo «Al principio, la Rete. Vivere ed educare in una società connessa».

Studenti, docentidella Facoltà, in particolare educatori professionali, psicologi dell’educazione, dirigenti scolastici, insegnanti di religione, operatori della pastorale e catechisti, ma anche parroci e sacerdoti, religiosi e religiose, insegnanti, genitori. È una assemblea variegata quella che si compone per partecipare al primo incontro sul tema: «Il continente nascosto. Dati e persona nel cyberspazio interconnesso».

Dopo un breve momento di preghiera e il saluto introduttivo della Preside, la Prof.ssa Alessandra Smerilli introduce i relatori della Tavola rotonda e puntualizza il tema: dialogare sull’importanza dell’identità digitale e dei rischi connessi; sui comportamenti umani messi in atto per proteggere i dati personali e la privacy; sulla  proiezione della tecnologia verso l’Internet delle cose e dell’economia digitale.

 

Non facciamo le formiche

Viene lasciato un commento o un “mi piace” quasi quattro milioni di volte al giorno; Google, ogni 24 ore processa miliardi di query, archiviandole tutte, creando percorsi digitali per capire gusti e preferenze degli utenti. È Claudio Panaiotti, Capo del Servizio Sistemi Informatici del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, a tracciare in apertura le coordinate del sesto continente nascosto, invisibile, creato da Internet: «il cyberspace, senza spazi e senza confini che sta cambiando radicalmente la vita delle persone e delle istituzioni. Questa nuova dimensione nelle sue varie declinazioni, cyberspace, cybersecurity, cyberwork, cyberstrategy, cyberwelfare, ecc., evidenzia come la vera rivoluzione non sta nel come si elaborano i dati, ma nei dati in sé e nel modo in cui vengono usati».

I cosiddetti Big Data, prosegue il relatore, hanno cambiato gli aspetti della statistica, in quanto non è più importante avere un campione rappresentativo, ma possedere un’enorme quantità di dati destrutturati che forniscono informazioni per offrire prodotti, servizi ben con caratteristiche mirate. Gli interrogativi sorgono quando, attraverso questi dati, si cominciano a fare previsioni sulle decisioni delle persone.

Secondo Panaiotti, «possiamo, anzi dobbiamo aumentare i nostri livelli di consapevolezza sulle opportunità, ma soprattutto sui pericoli insiti nell’era digitale dove, al di là degli aspetti tecnologici e dei presidi automatici di sicurezza, deve essere il fattore umano a riacquisire la necessaria centralità. È la persona il cardine attorno a cui riformulare un processo di comunicazione attiva per la tutela di noi stessi». E conclude con un augurio-metafora: non fare come le formiche, ovvero non lasciarsi prendere dal parassita Dicrocoelium Dendriticum, un piccolo verme che, da adulto, si incista nel cervello dell’animale, riuscendo così a modificare il suo comportamento.

 

Il lato oscuro della rete

Uber la più grande azienda di taxi al mondo non possiede neppure un’automobile, Facebook, il social media più popolare al mondo non produce neanche un contenuto, AirBnB il più grande fornitore di ospitalità non ha un immobile, Amazon, la più grande azienda di commercio al dettaglio non può contare su un negozio… eppure, i loro fatturati superano quelli delle più grandi catene del loro settore di riferimento: Hertz, New York Times, Hilton, Wall Mart. Immense capitalizzazioni, gestione di servizi a fronte di nulla di fisico. È Corrado Giustozzi, della European Union Agency for Network and Information Security, a puntualizzare nel dibattito il valore strategico delle informazioni. «Una stima recente - precisa - rivela che il 97% delle informazioni è stata creata negli ultimi dieci anni. Forse l’umanità non è ancora abituata a questo salto di qualità». I dati sono carpiti inconsapevolmente, ma anche regalati, semplicemente da ciascuno di noi quando naviga. E se stiamo andando verso un mondo ancora con poca consapevolezza, la soluzione non è la fuga, ma ragionare sui vantaggi e sui rischi e convincerci che è sempre il nostro comportamento che fa la differenza. In quanto, conclude, se la società ha sempre potuto maturare le proprie difese nella storia «Oggi viviamo in un tempo di veloci cambiamenti epocali e l’unica difesa siamo noi e l’utilizzo che facciamo delle risorse, conoscendo le conseguenze che un semplice click può causare».

 

La persona nel continente nascosto

Dentro a questa realtà complessa, si focalizza l’intervento di Isabella Corradini, Psicologa sociale e Direttore scientifico di Themis, che insiste sull’importanza dei comportamenti umani nella prevenzione dei rischi in Rete. Descrive la tecnica dell’ingegneria sociale mediante la quale vengono carpite all’utente informazioni  a vantaggio dei cybercriminali.

Il fulcro, sostiene la relatrice, è la relazione, in quanto si vanno a ricercare informazioni, che permettono di agganciare la persona, puntando su caratteristiche che aprono e facilitano la relazione. «Il vero problema è proprio il fattore umano, perché i cyber-criminali sfruttano l’entusiasmo, la distrazione, la curiosità, l’incertezza per ottenere la fiducia all’utente e, in seguito, carpire informazioni sensibili che vengono poi utilizzate contro di noi». L’interrogativo fondamentale è dunque “quale consapevolezza abbiamo noi del potere dei dati, che sono la proprietà preziosa che possediamo?». Vietare non è la migliore delle soluzioni, ma educarci a una maggiore consapevolezza è possibile, in quanto il mondo digitale è popolato di “forme di vita”, che non sono sempre benigne nei confronti del nostro io digitale… Dobbiamo dotarci di sensori per comprendere le conseguenze dei nostri comportamenti.

 

Sappiamo tutto di te

La mattinata si conclude con una dimostrazione in tempo reale curata da Paolo Fiaccavento e da Emiliano Ferraro del Servizio Sistemi Informatici della Segreteria della Presidenza della Repubblica.

Dopo aver immaginato di “attaccare” una persona, cercando di capire attraverso i profili social abitudini e preferenze, gruppi di appartenenza, relazioni e amici, i due esperti hanno effettivamente dimostrato come tutto questo avvenga. «Non possiamo fare una distinzione tra vita privata e vita lavorativa - sostiene Paolo Fiaccavento -. Noi siamo il prodotto, l’obiettivo che si può utilizzare per attuare una serie di operazioni malevole. È difficile proporre una soluzione, riguardo a comportamenti che impattino nella sfera privata. Il problema vede il suo declinarsi in ambito tecnologico, ma non c’è tecnologia che ci può proteggere se non aumentare la nostra consapevolezza».

 

Il Corso prosegue con altri due appuntamenti:

  • 18 novembre: Ernesto Caffo di Il Telefono Azzurro interverrà su «Che cosa rischi in rete?»
  • 2 dicembre:  Pier Cesare Rivoltella dell’Università Cattolica di Milano parlerà su «Il futuro della Rete» e le sue ricadute per l’educazione.

 

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